Domenico di Palo

MARCO I. DE SANTIS*


Dopo la felice uscita della raccolta La bella sorte e altri versi (1985), era almeno dal 1996 che Domenico di Palo meditava di ripubblicare un manipolo di racconti apparsi negli anni Ottanta del Novecento su “Singolare/Plurale di Trani, un periodico di critica e costume segnalatosi in Puglia e oltre, tra il 1978 e il 1991, come un originale crogiuolo di dispute e dibattiti politici nonché di proposte e disanime letterarie.
Tuttavia motivazioni di diversa opportunità opzionale ne hanno differito via via  la pubblicazione in volume, spingendo l’autore a privilegiare piuttosto le gustose sillogi satiriche da Sotto coperta (1997) fino a Estravaganti (2011) e l’apprezzato romanzo Renato e i giacobini  (2006).
Ora Mimì di Palo ha rotto gl’indugi e superato i dubbi, lanciandosi in una nuova intrapresa culturale per salvare quei racconti dalla dispersione e così aggiungere un ulteriore sfaccettato tassello al suo fitto e variegato mosaico letterario dando maggiore completezza al macrotesto fin qui approntato.
Ciò che primamente colpisce dell’opera Le relazioni è la rottura  con alcuni schemi ed esiti narrativi della tradizione otto-novecentesca. Nei racconti di questa raccolta di Palo evita accuratamente le blandizie del mestiere, le lusinghe della bella prosa e le ambagi dell’introspezione, a favore di uno stile asciutto, freddo e antilirico, tendente all’oggettivazione della rappresentazione o allo svisamento ironico e farsesco degli accadimenti interpersonali. I racconti  focalizzano impietosamente lo sguardo su di un campionario umano composto da piccoli borghesi e intellettuali di provincia in crisi  sociale, politica ed esistenziale.
Dai frammenti narrativi emergono esempi di leadership  profittatrice contrapposta a un ingenuo gregarismo (“Il mio amico G.”) o entra in campo l’ipocrisia di talune convenzioni sociali alla fine proditoriamente smascherate proprio dall’individuo che per primo si era farisaicamente ammantato delle formalità di rito (”La faccia di circostanza”).
In altre pagine risalta il maschilismo velatamente misogino di certe relazioni sentimentali e sessuali (“La doccia”) oppure si descrive il delinearsi di un approccio femmina-mashio bruscamente interrotto dalla donna, ma rinviato per calcolata promessa ad una nuova visita della stessa  (“L’approccio”).
Segue un lungo dialogo che può anche leggersi come una parodia dell disquisizioni cerebrali della filosofia linguistica e nominalistica e, volendo, perfino delle   deduzioni e controdeduzioni del genere poliziesco.  In questo denso dialogo una voce raziocinante in senso pseudo-scientifico, col pretesto di aiutare il colloquiante nella risoluzione di un problema sentimentale, servendosi di un metodo artificiosamente deduttivo e maieutico, lo prevarica strada facendo senza minimamente aiutarlo (“La tromba delle scale”).
Chiude il volume una novella incentrata sugli effetti di una vita e di un ménage coniugale alienanti, che sfociano negli atti di insania di un laborioso e coscienzioso impiegato, poi condannato a incollare le vecchie fotografia di famiglia sui numerosi album di casa dopo la ribellione dell moglie, risentita per essere stata troppo a lungo relegata alla stessa mansione (“L’album di famiglia”).
Si tratta, in definitiva, di momenti  e lacerti di vita contemporanea, che, proponendosi come exempla significativi, si dilatano a rappresentare per induzione  il fluso delle relazioni umane asetticamente impresse o grottescamente deformate nella rètina e nella mente di un autore magrittianamente affacciato alla finestra del mondo.



                                                                                                                Marco I. de Santis


* Prefazione a “Le relazioni”, Bastogi Ed., Foggia, gennaio 2012.


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