Domenico di Palo

GIOVANNI DE GENNARO


Il lavoro di Domenico di Palo non è la solita passerella di personaggi illustri e di notabili che fanno le piccole glorie dei comuni.

Di siffatti repertori, di ieri e di oggi, se ne trovano parecchi nella letteratura agiografica locale.

Si può invece considerare una autentica ricerca storica, sia pure nella forma insolita di dizionario bio-bibliografico, ed un prezioso contributo per una valutazione puntuale ed organica del livello e del clima culturale di una città come Trani.

La ricerca storiografica oggi va al di là delle fenomenologie di varia natura, come sembrava esigere la metodologia marxiana, da produzione e scambi di derrate alle oscillazioni di prezzi e salari, dall’andamento nosologico ai ritmi demografici, e per tante altre serie di dati, di insospettato interesse.

In questo fitto reticolo di notizie, sempre più spesso lo storico nuovo fa emergere la microstoria esistenziale dei singoli, di famiglie a cavallo di più generazioni, di intere comunità.

Torna in primo piano la vicenda umana che interagisce ai condizionamenti di luogo e di tempo, economici e politici, costituendo una eloquente verifica del giudizio storico.

Di fronte ad un pulviscolo sociale in cui sembra che l’individuo non abbia valenza e peso storico, e non lasci traccia, la ricerca si fa faticosa e difficile, quando non è occasionalmente fortunata: soprattutto a livello locale, non sempre curata da indagini di rigore scientifico.

Acquista perciò importanza un lavoro di questo genere che, in termini sia pure compilativi, offre comunque un ampio panorama di vita culturale e consente di precisare certe categorie di valutazione ed allargare stretti riferimenti localistici.

Al lettore attento non sfuggono nell’inedito elenco di notizie alcuni parametri, sottintesi dall’autore, che caratterizzano la storia della cultura a Trani nel ‘900.

Se, ad esempio, il notevole numero di avvocati, magistrati, giuristi e docenti universitari citati non stupisce per la tradizione di studi giuridici, sollecitati dalla presenza della Corte d’Appello, non si può fare a meno di notare che da questo clima rampolla una vivace creatività politica, in personalità di rilevanza nazionale, come Emilio Covelli, Matteo Renato Imbriani-Poerio, Giovanni Bovio, Raffaele Cotugno, Giacinto Francia, ed i più recenti Vincenzo Calace, i fratelli Pàstina, Vittorio Malcangi, Giuseppe Perrone Capano, Nicola Musto, Vincenzo Bisceglia.

Trani si configura come un laboratorio di teorie politiche in cui il pensiero liberale si evolve in soluzioni democratiche, radicali, socialiste in contrasto con la sua realtà sociale e politica. E non a caso in un centro del Mezzogiorno dove è frequente la divaricazione tra ambiente conservatore e radicalismi teorici. Lo scrupolo annotativi consente poi di rilevare il notevole numero di professionisti e soprattutto di avvocati, come Nicola Discanno, Giuseppe Protomastro, Ferdinando Lambert, che praticano le lettere o le arti o la ricerca storica, a fornire l’immagine tipica del professionista di ceto alto-borghese dei primi decenni del secolo. Si avverte l’efficacia formativa delle due strutture scolastiche, il Regio Liceo “Davanzati”, poi trasformatosi nel Liceo-Ginnasio “Francesco De Sanctis”, e il Collegio “Davanzati” dei padri barnabiti, ed è così individuato l’humus di cui potranno nutrirsi due validi strumenti di comunicazione culturale, autentici volani del sapere, “La Rassegna Pugliese” di Valdemaro Vecchi e la “Rivista di Giureprudenza” di Giuseppe Alberto Pugliese, che avranno diffusione nazionale e la capacità di aggregare al dialogo culturale tranese grandi personalità, da Benedetto Croce e Giovanni Gentile da Tommaso Fiore, l’una, da Costantino Mortati a Luigi Viesti, l’altra. Accanto alle quali riviste, che fungono da riferimento, sarebbe opportuno condurre una ricognizione del notevole numero di altre minori, a volte di vita breve, anche di carattere politico oltre che giuridico, letterario e storico, che da Trani ebbero diffusione regionale o si spostarono a Bari, come “Il Quotidiano” fondato da Alfredo Violante per sostenere “la via pugliese al socialismo” di Gaetano Salvemini, sino al “Tranesiere” di Raffaello Piracci, “Il Draghignazzo” di Modesto Vincenzo Landriscina ed all’originale periodico “Singolare/Plurale” di Domenico di Palo, per citare i più longevi.

L’autore non restringe il rapporto con la città e con il secolo al semplice dato anagrafico. Inserisce personalità  che si fanno appartenere alla fine del secolo scorso ma che hanno esercitato una forte influenza nei primi decenni del Novecento, caratterizzando la cultura tranese. Si parla ovviamente di Bovio, Imbriani, Covelli e, su un piano diverso, di Valdemaro Vecchi e di altri, anche minori, come Giuseppe Giuliani, Francesco Cutinelli, Alfredo Prologo, Gaetano Quercia, Vincenzo Vischi, che hanno creato fecondi filoni di costume e di gusto nelle lettere, nella storia locale, nell’arte. Con uguale criterio inserisce le leve della seconda metà del secolo, a rappresentare i nuovi orientamenti della cultura militante. A professori, avvocati, medici, scrittori, attraverso una sensibilità letteraria ed artistica sempre più affinata, succedono le grandi figure di Nino Palumbo nella letteratura. Di Giovanni Macchia e Luigi Blasucci nella critica, di Nicola Petruzzellis e Franz Brunetti nella speculazione filosofica, e ancora nel giornalismo, nel teatro, nel cinema, nella televisione.

Un altro criterio è individuabile.

Delle 176 personalità citate nel repertorio, soltanto poco più della metà sono nate e vissute a Trani; quasi un terzo è costituito da emigrati soprattutto a Milano, dove Guido Spizzico provvede ad organizzare una colonia pugliese intorno al circolo “Ponte Lama”, ma anche a Roma, a Pisa, a Napoli, all’estero, e naturalmente a Bari; un  altro folto gruppo di “immigrati” che hanno scelto Trani non per caso patria d’adozione e qui hanno operato, o a Trani è rimasta legata una parte importante della loro vita, come è accaduto a Camilla Ravera e a Cesare Brandi, dai tranesi eletti cittadini onorari.

Ed è giusto considerare la città più come un luogo d’incontro, un clima storico e culturale in cui si incrociano e si fecondano tradizioni, idee ed esperienze, quasi una architettura di stili e di costumi insieme, ad esprimere una concezione di vita più che una comune struttura abitativa.

Così Trani può resistere alla soffocante omologazione che incalza, alle soglie del Duemila, attraverso le anonime tecnologie e la facile informazione di massa, le antiche città italiane e minaccia di cancellarne i segni di civiltà. Forse le sue rive aperte a tutti i venti della cultura hanno fatto fiorire nel tempo vocazioni particolarmente irrequiete, oggi per il giornalismo, il teatro, il cinema, la televisione, come ieri i commerci marittimi.

Domenico di Palo individua tra attori e attrici, musicisti, registi, critici cinematografici, giornalisti televisivi, quasi una ventina di persone che hanno raggiunto una notorietà nazionale, a cominciare dal commediografo Luigi Chiarelli, ai registi Carlo Bressan e Francesco de Robertis, allo studioso Michele Canosa, ed a Mario e William Azzella. Ai quali sono da aggiungere artisti di diversa natura, scultori e pittori, dai tre Scaringi, Nicola Francesco e Ivo, a Giuseppe Gramegna e Roberto Lenassini.

In un repertorio di nomi non possono risultare indicati linee generali di sviluppo e riferimenti agli avvenimenti storici. Ma l’affascinante cultura dello spettacolo e dell’informazione, perseguita dai giovani tranesi a metà del secolo, appare la differenza più vistosa rispetto alla compassata sapienza del diritto, alla elitaria ricerca di arte, poesia, storia, o agli appassionati ideologismi del contrasto dei grandi sistemi politici, a cavallo delle due guerre mondiali.

E’ possibile solo una constatazione.

L’aria di Trani, sembra voler sottendere l’autore, è capace di far fiorire arte e poesia, quando inserisce un buon numero di autodidatti, da Andrea Gusmai, l’intagliatore che ha creato un genere ed un artigianato tipico, ad attori, musicisti, poeti, come Mario Francavilla, Vincenzo Sotero, Pasquale Mossuto, o persino a cultori di storia patria come Vittorio Lentini, a dimostrare la vivacità della cultura popolare.

Con questo lavoro di Palo si aggiunge alla lunga schiera degli storici e dei cultori di memorie locali di Trani, seguendo il grande esempio di Giovanni Battista Beltrani e di Benedetto Ronchi.

Ma in questa sua ultima fatica, di per sé meritoria, si può leggere un messaggio del poeta, del giornalista, del politico, un appello ai suoi concittadini.

Dagli anni ’60 con i suoi versi ed il primo periodico “Il Canocchiale”, Domenico di Palo ha iniziato un dialogo con la città per trovare una identità politica e civile in tempi nuovi, capace di far rinascere antiche, grandi risorse. La sua produzione letteraria è la storia e il dramma di un giovane e di una generazione che, tra esaltate aspirazioni e delusioni, ha anticipato il crollo delle ideologie, ha avvertito la caduta d’ogni tensione morale e civile, rifugiandosi nella ironia disperata della sua originale poesia.

Ha tentato di raccogliere le migliori energie della città intorno al periodico “Singolare/Plurale” per condurre urgenti battaglie di costume, prevedendo il diluvio.

Quando anche il giornale è stato ridotto al silenzio e la voce del verso si è fatta sommessa nella distrazione di tutti, pare a chi scrive che questo lavoro ripeta il richiamo foscoliano di “tornare alla storie”, per riacquistare la coscienza dei valori tradizionali di una nobile comunità, piccola oasi in una dimensione planetaria che non ha più centro.

                                                                                                        Giovanni De Gennaro

 

* Prefazione a “La Cultura del ‘900 a Trani”, Schena Editore, Fasano 1996.

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