GIANNI CUSTODERO
(…)
L’idea di costruire un articolo insieme al Lettore
condividendo con lui il passaggio dagli appunti a quello che possono e
vogliono dire, mi ha fatto pensare ad un recentissimo romanzo di
Domenico di Palo, Renato e i giacobini, pubblicato da Palomar
(per completezza di informazione, sono 155 pagine e costa 13
euro). L’autore, un professore di Trani che non conosco di
persona e che dirigeva alcuni decenni fa Singolare/Plurale,
uno stimolante periodico di costume e di cultura, me ne ha inviato una
copia omaggio per recensione. Come me, è tra quelli che
erano troppo giovani per la Resistenza e troppo vecchi per il
Sessantotto. Il suo è un romanzo sui generis, un antiromanzo
lo definisce Giorgio Bàrberi Squarotti. E’
diventata, infatti, una vera confessione a cuore e a cantiere aperto
l’idea di “scrivere un romanzo, un lungo racconto
in cui la realtà sia mescolata alla fantasia, una storia con
un principio e una fine, con un lui e una lei e gli altri a fargli da
cornice. E poi con i grandi temi universali, il personale e il
politico, il pubblico e il privato, il singolare e il plurale,
l’amore e il disamore, la vita e la
morte…”. I Giacobini non sono quelli della
Rivoluzione francese ma un gruppo di ragazzi degli anni Cinquanta.
E’ la storia di una generazione, delle sue illusioni e delle
sue disillusioni, nel Sud e in provincia. Perché anche
Trani, l’antico capoluogo della Puglia da Canne a Canne fino
a Murat, è provincia. Come Fasano. Nel racconto ci sono
anche personaggi non immaginari: c’è, tra gli
altri, Pier Paolo Pasolini, che a Barletta non riuscì a
parlare: lo ricordo nel Tribunale di Latina , alla sbarra, .difeso da
Francesco Carnelutti più di quarant’anni
fa. Della sua presenza a Matera e altrove, tra Puglia e Basilicata, per
girare Il Vangelo secondo Matteo, mi raccontava Italo Palasciano,
già inviato dell’Unità e anche lui
citato nel romanzo a proposito d’altro. Italo ha una sua
teoria a proposito di successo nel campo della scrittura e
dell’arte: la differenza tra i big e gli artigiani
è data dalle condizioni e dagli spazi nei quali gli uni e
gli altri hanno la possibilità di muoversi. Forse ha ragione.
Gianni Custodero
* In “Osservatorio”,
mensile di attualità fasanese, Anno XXI - n.7
– luglio 2006.