Domenico di Palo

GAETANO BUCCI


Il 16 febbraio scorso è stato presentato, a Trani, l’ultimo libro di versi di Domenico di Palo. “Avanti ma…”. Del libro, pubblicato dalla Bastogi Editrice e introdotto da una attenta prefazione di Sebastiano Martelli, docente di letteratura italiana all’Università di Salerno, ha parlato diffusamente il prof. Daniele Giancane, noto poeta e critico letterario (dirige da oltre 20 anni la rivista “La Vallisa”) che, sottolineando tra l’altro il carattere antilirico e antiretorico della poesia di di Palo, ne ha messo in luce soprattutto l’originalità e l’unicità nel panorama della poesia pugliese contemporanea.
Numeroso il pubblico intervenuto alla bella manifestazione culturale che, per la cronaca, è stata arricchita da alcuni intermezzi musicali del pianista jazz Davide Santorsola, bravissimo come sempre, dalla lettura di alcune composizioni da parte dello stesso di Palo e da un applaudito intervento critico del prof. Gaetano Bucci, del quale pubblichiamo qui di seguito una recensione al libro del poeta tranese.
                                                                                                                                      (n.d.r.)


Ad un certo punto, forti della lezione teorica di L. Wittgenstein e dei consigli pratici di U. Eco, imparammo a giocare con le parole. Il “circolo ermeneutico” diventava così “gioco poetico”. La verità dell’essere, che mai si dà completamente nella realtà, si adombra appena nel linguaggio. E tanto ci bastò per ridare nuova forza al nostro ardire sulle strade della ricerca di significati e di sensi.
Così ci ricordammo che la poesia, oltre ad essere “sentiero altro”, è anche scherzo, burla, ironia irriverenza. E che se vogliamo essere seri fino in fondo, oggi, di fronte alle brutture di un mondo troppo impegnato a “progredire”, non possiamo non cercare di ridere. O quantomeno di sorridere.
La lezione nelle lettere italiane, a pensarci bene, la conosciamo sin dalle origini. Cecco Angiolieri non ci ha mai veramente abbandonati.
Domenico di Palo sembra abbia appreso bene questa lezione, e sembra conoscere bene come la poesia sia arma di resistenza alle brutture del mondo e alle contraddizioni della vita.. Perciò nella sua recente raccolta di versi, Avanti ma… (altrerime) - altre rime scritto tutto insieme -, mette in campo una vena poetica da neo-scapigliato, una linea di scrittura irriverente e disincantata, con spunti tematici nuovi e cadenze espressive godibilissime. L’autore fa così il verso alla poesia, e se ne compiace. Almeno così pare.
Sebastiano Martelli, che ha curato la prefazione di Avanti ma…, molto elegantemente ed opportunamente ha descritto i tratti di continuità e le “progressioni di carriera” di Domenico di Palo poeta. Egli, riconoscendo a di Palo capacità d’uso di registri molteplici e cultura letteraria non superficiale, arriva ad identificare e definire con precisione i modi dell’animo del poeta e, soprattutto, i percorsi tematici. Questi ultimi si racchiudono in una carrellata minimalista della quotidianità, dopo le grandi delusioni ideali e, soprattutto, ideologiche che il recente passato ci ha riservato, specie in campo politico.
Un dato pare a me caratterizzare fortemente la poesia di Domenico di Palo; ed è quello che si potrebbe definire della “contrarietà” e, se si vuole, “dell’antitesi”. L’autore di Avanti ma… fa “poesia dell’antitesi”, sia per i modi espressivi che per i contenuti. Infatti Domenico di Palo coglie l’inganno del reale, vede la vittoria della finzione, osserva il trionfo dell’illusione.
Egli però sembra non curarsene più di tanto. Il male non merita il pianto, ma il canto. E se proprio poesia deve essere, che sia poesia canzonatoria più che semplicemente o illusoriamente consolatoria.
Ecco quindi che agli inganni piccoli e grandi della vita, e del potere, in particolare, di Palo risponde con versi semiseri, impudichi e graffianti. E’ lo “spirito scapigliato”, come accennato, che si ridesta e ci accompagna per un piccolo viaggio di battute in versi, di sfottò dolce-amaro, di allusioni che rovesciano le illusioni, di inversione del tragico e dell’irrimediabile in rime e versi leggeri, quasi umoristici.
Forse il destino dell’uomo è proprio questo, Pirandello docet, di dover sempre ripiegare col sorriso su nuove posizioni di partenza, per non lasciarsi prendere dall’angoscia e dalla disperazione.
Ciò nella prima opera della raccolta Avanti ma… intitolata “I miei versi”, di Palo rilascia una sorta di dichiarazione poetica. “Ho raccolto i miei versi/ quelli buoni e quelli i miei persi// Domattina di buon’ora/ ne raccolgo forse ancora…”.
C’è come si vede un sottofondo di leggerezza, di intenzione burlesca, di voglia satirica, di atteggiamento carnascialesco. Ma c’è un aristocratico atteggiamento a non volersi prendere troppo sul serio e a irridere coloro che lo fanno. A questa critica pugnace e verace - e qua arriviamo all’antipoesia - non scappa neanche il poeta e la poesia stessa:… “Butto giù un poema fiume/ sugli uccelli con le piume/ e giacché piace la rima/ più non li uso come prima/ ma li arrotolo a puntino/ sino a farne un chiodino/ e finché non si scopre il trucco/ nel mur li tengo come stucco.”
Da questa poesia-filastrocca iniziale la raccolta si dispiega attraverso nove godibilissime sezioni e un’appendice finale in cui si trova di tutto: dal gioco linguistico al “pastiche semantico”, dalla critica sociale alla riflessione-invettiva morale.
Particolarmente accattivante e coinvolgente è il rifacimento di alcuni sonetti famosissimi della tradizione italiana, di Dante, Petrarca, Foscolo. Si può rifare poesia? La risposta, per di Palo, sembra essere sì. E, visti gli esiti, non c’è che dargli ragione. Non per sostituire i testi, per far aggio su essi. Ma semplicemente per reiterare, per ripercorrere entro nuovi orizzonti di senso, magari leggeri e scanzonati, certi temi classici della poesia italiana. L’amore, la solitudine, il mistero, l’assoluto, si possono coniugare con la nuova realtà comunicativa ed esprimere secondo un registro semplice, piano e leggero, Un registro che è anche una scelta di vita, che pur nella “meditazione” è rispondere al bisogno di evasione dell’uomo d’oggi. E contro quell’eccesso di plumbea angoscia che invade, magari ipocritamente, tanta poesia contemporanea meglio tornare alla “risibile leggerezza dell’essere”.
In conclusione, forse non è tanto. Ma, talvolta, quella del sorriso è l’unica via. Ed è quella che poeticamente, anche con maestria formale, ha seguito Domenico di Palo.

                                                                                                                Gaetano Bucci



* In “AL”, rivista culturale, anno I°, n. 2, aprile-maggio 2002.

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