Domenico di Palo

FRANZ BRUNETTI


La prima, la più immediata, maniera di leggere questo “Dizionario bio-bibliografico” è di usarlo come un “Chi è?” della cultura tranese nel nostro secolo. Considerato sotto questo aspetto, avrebbe certamente una sua intrinseca utilità: uno strumento di consultazione rapida a disposizione della cittadinanza, degli uffici e dei servizi, oltre che delle istituzioni, che vi operano; una sorta di guida turistico-culturale per forestieri e stranieri che nei loro programmi di viaggio inseriscono una visita svelta a Trani, tra le strade e i palazzi della parte antica, fin su alla cattedrale, per un confronto tra l’età antica e la presente.

In ogni caso, un “dizionario bio-bibliografico”, usato in questo modo, è pur sempre comodo: soddisfa esigenze urgenti e sommarie di conoscenza; appaga la curiosità; dà anche lustro, e soddisfa le ambizioni di coloro di cui si parla. Rivolto alla produzione culturale di una cittadina di media grandezza, ma ricca di storia, integra e nobilita l’immagine che se ne ha, molto spesso consolidato dalla pubblicità degli spot televisivi, della città della cattedrale romanica e del porto-darsena, affollato di natanti di ricchi proprietari, così come in altri anni la si ricordava come la città del vino e della pietra.

Sarà utile anche al tranese non informato sulla produzione culturale della sua patria, perché gli permette di aggiungere anche qualche considerazione di merito alla ricorrente esaltazione che se ne fa senza una preliminare informazione. E potrà anche ritrovare, con sua soddisfazione, nomi di persone conosciute e richiamarsi ai propri personali ricordi.

Ma una siffatta lettura non va oltre la superficie delle “voci”; non dà e non può dare una veduta complessiva e al tempo stesso dinamica della storia culturale di Trani; è anche ingiusto nei confronti della fatica dell’autore. Vi sono tuttavia altri modi di lettura, che possono fare di questo ultimo lavoro di Domenico di Palo non solo un vademecum della cultura, ma un dizionario ragionato delle arti, delle lettere e delle professioni dotte, che, sul modello dei grandi dizionari dei secc. XVII e XVIII, possa anche dar luogo a nuovi modi di pensare la storia dell’intellettualità nell’ambito della storia generale di questa cittadina.

Una lettura trasversale, in altri termini, che collegando e selezionando le notizie raccolte nelle diverse biografie secondo percorsi prestabiliti di ricerca, conduca a delineare prospettive più composite e più significative di quella che l’ordine alfabetico può offrire. E’ appunto in questi modi diversi che ho letto queste pagine, tracciando tra le varie “voci” linee ideali di collegamento e di selezione secondo distinte categorie e vari itinerari di lettura: come se le diverse bio-bibliografie fossero le stazioni immaginarie di un orario grafico delle ferrovie, tra loro collegate da differenziati percorsi.

Ho segnato, in primo luogo, una linea di separazione temporale tra gli inizi del secolo, fin quasi agli anni trenta o quaranta, e il nostro tempo; è risultato che nel primo periodo sono proporzionalmente più numerosi gli intellettuali che sono vissuti a Trani, per lo più nel nord d’Italia. Viene così evidenziata una curva temprale che segnala, sotto il rispetto della qualità, na fase calante: si può così supporre che la vita cittadina, la sua capacità di fornire stimoli, mezzi e occasioni di cultura del nostro tempo, che penalizza le città più piccole a favore delle più grandi, il sud a favore del centro e del nord del Paese.

Se si prendono poi in esame le specializzazioni culturali, i vari settori dell’attività intellettuale, emergono differenze generazionali, nuovi interessi e nuovi ambiti di lavoro. La predominante operosità forense e giuridica dei primi decenni del secolo, ad esempio, in una città che poteva vantare alte e autorevoli istituzioni giudiziarie (ancora oggi il rimpianto per la perduta Corte drappello è vivo e forte), fu sempre accompagnata da studi e ricerche non solo giuridiche, ma storiche – storia locale e storia generale – più che come otium, come impegno intellettuale – al lavoro culturale; ne avvertivano il fascino e lo ritenevano motivo di orgoglio e di prestigio. Si leggano, ad esempio, le “voci” dedicate a Raffaele Cotugno, a Vincenzo Del Giudice, a Nicola Discanno “grande maestro della professione forense”, ad Alfredo Prologo avvocato e cultore di studi storici “secondo le tradizioni familiari”, a Giuseppe Protomastro avvocato e letterato, a Giuseppe A. Pugliese, direttore della “Rivista di Giureprudenza” stampata dall’editore Vecchi; a Cataldo Trombetta: viene fuori un quadro di una società e di un’epoca in cui la cura degli studi non era un’opzione libera, ma un punto d’onore per un ceto, quello forense, che sapeva unire pratica giudiziaria e ricerca culturale come necessario complemento l’una dell’altra.

Nella seconda metà del secolo il numero dei giuristi produttori di cultura si riduce di molto, all’incirca a sei sette nominativi; il lavoro professionale diviene incombente e totalizzante.

Diminuiscono i giuristi, cresce il numero degli eruditi e dei cultori di storia locale: il lavoro umano e attento di Giovanni Beltrani è continuato da Luigi Scarano, Benedetto Ronchi, Guido Malcangi, Raffaello Piracci.

Aumentano, a partire dagli anni Cinquanta, i docenti universitari: ne ho contati 24, ma soltanto dieci o undici risiedono in Trani o nella provincia, e questo dato conferma quanto si è già detto sullo stato dell’organizzazione degli studi e della ricerca, che un tempo poteva essere coltivata nel tempo libero da altre professioni, mentre ora la specializzazione pretende il tempo pieno e spinge alla formazione di una nuova figura sociale, il ricercatore di professione. Nella prima metà del secolo gli universitari sono soltanto quattro e tutti dediti a discipline umanistiche (ma fra questi vi sono Nicola Fornelli, eminente pedagogista a cui sono stati dedicati molti studi anche recenti, e Vincenzo Del Giudice, illustre giurista), conseguenza del limitato ed esclusivo grado di istruzione e di acculturamento; nella seconda metà si delinea invece una gamma più vasta e nuova di specializzazione: non solo diritto, ma letteratura italiana e straniera, medicina, ingegneria, filosofia, economia e sociologia. E comunque è fondato motivo di orgoglio cittadino avere fra i docenti universitari uno dei più grandi francesisti del mondo, Giovanni Macchia.

Ancora: se nei primi anni del Novecento Trani poteva vantare un fine scrittore, giornalista e drammaturgo, Luigi Chiarelli, insieme a Raffaele Cotugno, scrittore e parlamentare; a Francesco Cutinelli, giornalista e avvocato; a Francesco Ferrara poeta dialettale e così via, successivamente, accanto a letterati, scrittori e poeti, aumentano i giornalisti professionisti, i critici letterari; aumenta la cultura di riflessione e d’informazione accanto a quella creativa. Il rapporto tra le due epoche è di 11 a 29; ma di questi ultimi soltanto 10 o 11 risiedono a Trani o nelle vicinanze, il resto in altre regioni: è il caso del non dimenticato Nino Palumbo. In questa categoria di studiosi che hanno dedicato a Trani il loro ingegno e il loro impegno può essere collocato Cesare Brandi, cittadino onorario di Trani per il suo “Inno a Trani” e la sua bellissima e simpatica opera “Pellegrino di Puglia”.

Il settore dello spettacolo (artisti, registi, commediografi, musicisti, ecc.) che ha sempre interessato i cittadini di Trani è ricco di cospicui rappresentanti, fra i quali – ciò è singolare – alcune coppie di fratelli: nella prima parte del secolo oltre a Luigi Chiarelli e a suo fratello Ugo, autori di dramma e commedie, Gaetano e Leopoldo Tarantini, musicisti; oggi invece i due fratelli Azzella: Mario attore e giornalista, William autore di documentari e programmi televisivi, esperto di cinema e dirigente della RAI, come Nicola De Blasi. E’ un settore nel quale emergono molti tranesi: i registi cinematografici degli anni ’40 Bressan e De Robertis; la cantante lirica Giuseppina Baldassarre; Giusi Raspani Dandolo, nota attrice, interprete, fra l’altro, di opere di Brecht e Garcia Lorca; Wandisa Guida e poi giovani e affermati musicisti Orciuolo e Santorsola e il giovane ma già autorevole studioso Michele Canosa.

Le arti figurative sono rappresentate da numerosi pittori e scultori specialmente contemporanei: gli Scaringi (il padre Nicola, i figli Francesco, pittore e scultore, e Ivo, pittore), lo scultore Giuseppe Gramegna, il designer Pasqualino de Zio e il fotografo Alessandro Loprete.

Infine i più cospicui uomini politici: oltre a Giovanni Bovio, Francesco Cutinelli, Matteo R. Imbriani, democratici e repubblicani, Giacinto Francia, socialista; Emilio Covelli, indomito anarchico; Vincenzo Calace e Domenico Pàstina, fondatori del Partito d’azione. E Camilla Ravera, cittadina onoraria di Trani, fondatrice e dirigente del Partito comunista italiano, senatrice a vita.

Pur nella sua sommarietà, questa ricostruzione consente alcune considerazioni conclusive: il mutarsi delle tendenze e degli interessi nel corso del tempo ripete le dinamiche della storia della cultura italiana: l’insorgere di nuove attività e nuove competenze, il fiorire delle attività artistiche e di spettacolo, l’elevato numero di giornalisti, scrittori e poeti, l’impegno nella ricerca a livello universitario sono certamente il segno di una capacità culturale significativa.

La varietà delle competenze, sviluppata via via nel corso degli ultimi decenni, e la partecipazione alla produzione culturale di soggetti e ceti un tempo esclusi, conseguenza del progresso civile e dell’evoluzione sociale, sono dati positivi per il tenore stesso della vita cittadina. E’ pur vero, come si è già annotato, che il ceto forense non esercita più il dominio intellettuale, che risale alla grande tradizione sei-settecentesca, dell’Italia meridionale e di Napoli, ma in compenso il quadro della cultura cittadina si è ampliato ed è più variegato.

Se dalla conoscenza della storia passata si volge lo sguardo al futuro, non si può, tuttavia, non rilevare alcuni dati negativi, sui quali converrà riflettere e provvedere: nonostante gli sviluppi che si sono verificati, la cultura tranese è pur sempre umanistica: i progressi, le novità si svolgono attorno al tronco centrale di questo indirizzo, sia pur nelle sue varie articolazioni. E’ carente la cultura scientifica, o meglio tecnico-scientifica: pochi i suoi cultori, tanto da non assumere una funzione trainante, nonostante che le relative professioni siano seguite e coltivate nella vita cittadina e nelle mentalità familiari a cui forse l’organizzazione degli studi non reagisce positivamente. Se, peraltro, non si supera questo divario tra le due culture, sarà difficile colmare le s distanze con i livelli e gli indirizzi culturali di altre regioni.

E questa amara considerazione si ricollega a quanto ho già detto circa la diaspora degli intellettuali, circa il prevalente numero di coloro che vivono e operano fuori della città e persino della regione: le trasformazioni avvenute nella società italiana, i mutamenti delle mentalità, dei bisogni e delle abitudini, anche intellettuali dei cittadini richiedono interventi adeguati a sostegno della cultura nel suo complesso. Non è forse singolare che, mentre nel sec. XVIII – come ha rilevato una indagine della Società italiana di studi del Settecento – erano attive a Trani due accademie, non vi siano ora luoghi e strumenti istituzionali nei e con i quali, nel rispetto della pluralità delle idee, delle convinzioni e dei gusti, si eserciti il confronto e la diffusione degli indirizzi culturali della città?. Non basta, mi si permetta questo appello, sentirsi appagati dal notevole numero di intellettuali che Trani può vantare:: occorre anche sostenerne la loro aggregazione, la libertà personale e collettiva di pensare, di creare e di operare. Proprio come per le accademie d’altri tempi, che non erano luoghi nei quali rifugiarsi e stare al riparo, ma dai quali uscire per entrare nella società a svolgervi autonomamente una funzione attiva di liberazione vivificante delle menti e della fantasia.

Della molteplicità e varietà degli ingegni e degli intelletti, ma anche dei problemi e dei bisogni della cultura, il “dizionario” di Domenico di Palo è una opportuna e motivata documentazione. E’ una sorta di storia materiale a disposizione dei cittadini, e l’iniziativa, di trarne le opportune conseguenze.

                                                                                                            

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* Postfazione a “La cultura del ‘900 a Trani”, Schena Editore, Fasano 1996.

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